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“Un giorno ti porterò quaggiù con me”
“Non potrà mai accadere, solo qui ho la fantasia necessaria a sopravvivere”
Aveva visto tutto. D’altronde la posizione privilegiata in cui si trovava gli permetteva una visuale ad ampio raggio.
Seguì la vicenda con attenzione e pensò che ci avrebbe ricamato attorno un racconto: qualcosa di avvincente e misterioso, da lasciare il lettore a bocca aperta.
Era uno scrittore e amava trascorrere le giornate a osservare la città e i suoi movimenti che per lui altro non erano se non eccellenti e gratuiti moniti ispiratori.
Fece correre ancora per un istante lo sguardo all’inseguimento dei due giovani fuggitivi e poi si lascò ricadere all’indietro e sbadigliò.
Aveva sonno, ma non poteva ancora dormire. Doveva scrivere perchè “se non lo faccio ora queste idee che ho nella testa mi volano via” si disse.
Con uno scatto tornò seduto, prese carta e penna e si fermò a riflettere. Cercava il quid iniziale, la scintilla scatenante, il sibilo della notte che tramuta il silenzio in tempesta.
<<Correvano giù per le scale…
Correvano in strada…
Correvano…
Un calo vento primaverile accompagnava i loro pensieri alla ricerca di un’idea di sopravvivenza.
Ad un tratto lei si fermò, si girò e gli disse: “andiamo da questa parte”.
Scomparvero in un vicolo buio e maleodorante, da lì presero a destra su di uno stradone trafficato e poi diritti al riparo dalla morte.
“Andiamo da me a prendere alcune cose”, aggiunse tra un affanno e l’altro.
Lui si limitò ad annuire…>>
Iniziò il suo racconto così.
Era uno scrittore: da quella posizione poteva vedere le proprie opere d’inchiostro divenire reali e tangibili… o viceversa.
Viveva su una nuvola.
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Non si era mai trovato così vicino a un’arma. La fredda canna della pistola premeva contro il palato.
Non riusciva a parlare.
Faceva fatica a respirare.
“Sono proprio uno stronzo”, pensò.
Avrebbe potuto evitare la surreale circostanza in cui si trovava se:
1. non avesse barato giocando a poker
2. non fosse andato a letto con la donna del boss. Che poi non era stato solamente del sesso fine a sé stesso e aveva finito con l’innamorarsene.
Stop. Fermo immagine. Flashback
A dieci anni voleva fare l’astronauta. Un classico.
A quattordici la rock star.
A diciotto gli era venuto il pallino del giornalismo.
A venti si vedeva scrittore e famoso.
A venticinque stava per terminare l’università e pensava di poter campare con il poker. Barando. Ma la cosa non gli riusciva particolarmente bene.
Il presente
La salivazione acuiva il pungente sapore di metallo del revolver.
“Tu ci ridai i soldi fregati e te la cavi con un braccio rotto… altrimenti: BANG!”, disse un energumeno di centoventi chili, solo muscoli e idiozia. Nonostante tutto fu chiaro e conciso.
Marco pensò rapidamente: “do i soldi vivo, non li do muoio”. Semplice, pressochè banale ma al contempo agghiacciante.
C’era però un problema che non poteva esser trascurato: Marco non faceva mai quello che gli veniva ordinato. Eredità fieramente mutuata dal nonno soprannominato testa d’acciaio, vuoi per la testardaggine e vuoi per la placca di metallo che aveva nel cranio, ricordo di guerra e disperazione.
“I oi no i ò…” traduzione: “I soldi non li ho…”
Provò a farfugliare qualcosa che doveva apparire come il primo passo verso la salvezza. Non sapeva fare di meglio purtroppo.
“Che cazzo hai detto?”, tuonò l’energumeno.
Marco biascicò nuovamente, finchè il suo potenziale assassino non fu costretto a sfilare la pistola incastrata tra i denti.
“I soldi non li ho più… non posso ridarli”
“Non dire cazzate! Te li sei intascati ieri e già non li hai più? Mi stai prendendo per il culo ragazzino?”
“No no… è che ieri, dopo il poker, sono andato da un’altra parte a giocare. Solo che mi sono dato alla roulette e lì… bè lì sono una vera frana. Quindi ho perso tutto…”
Secondo problema di Marco: doveva fare lo spiritoso, sempre e comunque. Anche quando stava per morire.
I centoventi chili dell’energumeno s’irrigidirono in un unico conato di furiosa rabbia. Divenne paonazzo. Serrò la pistola nella mano destra e la schiacciò sulla tempia di Marco.
Fuori il silenzio. La città attendeva l’attimo, l’esplosione, la fine, il sangue sulle pareti di un anonimo monolocale in disordine.
Attendeva il BANG!
Il nostro deglutì e non solo suppose d’essere un emerito imbecille. Si accorse di esserlo realmente.
Chiuse gli occhi. Provò a pregare ma erano anni che non lo faceva e non sapeva più da che parte cominciare.
Si disse addio pensando: “finalmente mi sarei comprato l’Audi TT con quei soldi…”.
Nemmeno a un passo dalla fine era in grado di provare poesia. O, forse, la provava ma chissà in quale oscuro angolo dell’animo.
Ultimo battito di cuore.
Respiro mozzato in gola.
Un fragore. Sordo. Fulmineo.
Liquido rosso a schizzare ovunque.
La faccia di Marco grondava sangue.
Riaprì gli occhi nell’ultimo afflato della propria fuggente esistenza e sussurrò: “sono morto”.
In realtà era ancora vivo. Ai suoi piedi c’era il corpo del killer a contorcersi fra gli spasmi che lo traghettavano alle porte del sonno eterno.
Marco gridò: “sono vivo, cazzo!” e dopo una breve pausa: “domani compro la TT”.
“Domani tu sarai ben lontano da qui”, una voce di donna arrivò dall’ingresso dell’appartamento.
Capelli color del sole in un mezzogiorno d’agosto. Occhi verdi con striature castane. Lineamenti sottili e sensuali che dal viso si perpetravano in curve sinuose lungo tutto il corpo.
Bella da stordire. E marco effettivamente era rimsato stordito, non tanto da lei, ma dal ritorno alla vita.
Non era morto.
Non si trovava in paradiso.
Lei non era un angelo, anche perchè riesce difficile credere che gli angeli vadano in giro con un’arma tra le mani e sappiano centrare la fronte di un uomo con stupefacente precisione.
Si chiamava Giulia, era la donna del boss, ma si era innamorata di un ragazzo immaturo che sopravviveva barando al gioco.
“Vieni, andiamocene da qui. Se Franco non vede tornare il suo stupido tirapiedi, ne manderà sicuramente altri…”
Pausa. Sguardo che scivola a sfiorare il pavimento
“…non sarà soddisfatto finchè non ti saprà morto!”
“mmh”, annuì Marco “immaginavo che lo stato delle cose fosse questo. Fico però: sembra di essere in uno di quei film gangster dove alla fine il protagonista ammazza tutti e sopravvive… ovviamente il protagonista sono io”. Sorrise.
“Ma come fai a dire certe cose in una situazione del genere? Su, andiamo”
Giulia si allungò, gli afferrò una mano e lo trascinò con sé.
“Eh va bè dai, dicevo per ridere…”
Marco seguì il moto improvviso che lo catapultò fuori dal monolocale.
Correvano giù per le scale.
Correvano in strada.
Correvano…
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Comincia sulle pagine di questo blog un esperimento… un’avventura.
Racconterò una storia senza scadenze da rispettare e quindi senza farmi sorprendere alle spalle dal tempo…
E tutto direttamente dalle pagine dei miei taccuini Moleskine…
… sarà quel che dovrà essere.
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